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Matteo si chiama Di Genova, ma viene da L’Aquila. Attore di teatro e verseggiatore orale, è finalista nazionale di poetry slam "L.I.P.S." nel 2017 e di poetry slam a squadre 2018, vincitore della sezione di poesia orale del Poverarte - Festival di tutte le arti, del Premio Alberto Dubito di poesia con musica e dei tornei di slam Poetronica (Atti Impuri), T.L.E. e Reginette poetry slam. Compare in una puntata del poetry slam di Zelig TV. Ha portato la sua poesia in alcuni tra i più importanti festival indie e hip-hop: GoaBoa, Poplar, Pinewood, aprendo la serata, tra gli altri, anche a Salmo. Gira l'Italia coi suoi spettacoli Dixit (oltre 40 repliche in tutta Italia) promosso e sostenuto dal collettivo bolognese ZooPalco, Diossido Di Cromo col percussionista Marco Crivelli (debuttato all'interno della prestigiosa rassegna I Cantieri dell'Immaginario) e Versus prodotto dal Teatro Stabile d'Abruzzo.

Verna Sessions

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Ottobre 2014: le grida di protesta contro il governo Berlusconi risuonano ormai solo in un’evanescente e sbiadita eco. L’ex asilo di viale Duca degli Abruzzi a L’Aquila (occupato in seguito agli scontri del 14 dicembre 2010) è interessato da sconvolgenti mutazioni che portano alla sostituzione di vecchi e litigiosi gruppi militanti con nuove tribù di artisti, poeti e ravers. In questo contesto nasce l’aula “Allen Ginberg”: un laboratorio permanente di poesia di ispirazione beat portato avanti da due scrittori conosciutisi in psichiatria. I brani che compongono la seconda parte di questo libro sono stati scritti durante il mio periodo di maggiore frequentazione di quell’aula (e dei dj-set tekno e jungle che si svolgevano al piano di sotto, o in free party di aree circostanti), e costituiscono la base di partenza di tutto il mio percorso nel mondo del poetry slam. Nella prima parte invece (concepita durante la pandemia) ho provato a rievocare quei giorni, a confrontarli con le manie di protagonismo dell’attualità attraverso la metafora della paranoia da sostanze entactogene, a ripercorrere i dubbi artistici che compromettevano la mia falsa coscienza di mestierante teatrale, a riprodurre lo stile delle esercitazioni che avvenivano in quella piccola e fredda aula. Questo esercizio di memoria mi ha portato (dopo un momento di smarrimento mistico), al recupero delle mie più profonde radici, portando la mia mente indietro fino allo scoppio della guerra in Iraq: periodo in cui il mio gruppo di precoci punk pre-adolescenti di inizio anni duemila si trovava alle prese con la politica, la marijuana, i primi innamoramenti e il vandalismo gratuito. Il titolo della serie e quindi del libro è rubato dal nome della varietà abruzzese di genziana proprio per rimandare al concetto di radici (così come il roots reggae ne è il principale genere musicale) e di “primavera” intesa anche come eterno ritorno.

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